Bruxelles parte I: la storia del Poechenellerkelder e la tradizione del Restobieres

E' sempre complicato fare un resoconto dettagliato di un viaggio birrario.
Un po' perchè la pigrizia prende il sopravvento, un po' perchè alcune interpretazioni sull'approccio birrario di un'altro Paese è personale e difficile da rendere in parole.
Ma proprio questo voler comunicare come girano le cose e cosa si beve in questi luoghi mi spinge, in un modo o nell'altro, ad imbattermi in questo dolente (nostalgico, meglio...) viaggio all'indietro snocciolando le birre bevute, i locali visitati e lo spirito birrario di una nazione chiave come il Belgio.
Ho visitato le città di Bruxelles, Bruges e Gent, ma è dalla prima che partirò.

Arriviamo a Bruxelles nel pomeriggio, ma soggiorniamo in un ottimo hotel in pieno centro a costo basso e condizioni rispettabilissime, e così ci tuffiamo subito nell'atmosfera di questa capitale.

Il primo locale che incontriamo tra le vie del centro è il Poechenellerkelder, nome impronunciabile ma posto bellissimo, coreografico e parecchio fornito. I posti sui tavoli sono segnati da targhette intestate credo a vecchi clienti abituali, e questo la dice lunga sulla storia del posto.
Alla spina ci sono 6-7 birre della Brasserie De La Senne, mentre sul beer book si va dalle classiche trappiste alle tante fermentazioni spontanee.
Ci caliamo subito nell'atmosfera autoctona prendendo una Taras Boulba alla spina, caratterizzata da una carbonazione bassa, un amaro molto giovane e gentile per un appagante primo assaggio.
A seguire una bottiglia sempre di Stouterik, che appare invece con parecchio gas e molto cioccolatosa. Qualche nota di liquirizia leggera nel finale ne fa un'ottima stout da session beer.
Il personale del locale versa la birra ai clienti in pochissimi secondi, assicurando un ottimo cappello di schiuma e lasciando i residui di lievito in bottiglia come da copione, con una gestualità ed un rituale preciso ed efficiente allo stesso tempo.

Prima di partire avevo deciso che, nonostante non ami le fermentazioni spontanee, avrei potuto e dovuto godermi queste birre in occasione di questo viaggio, sia per impormi nuovi gusti e nuovi orizzonti, sia perchè avere queste occasioni e non sfruttare il patrimonio brassicolo locale non ha molto senso.
E così prendo confidenza con queste "birre acide" forse dal meglio. Non ho una buona mira su queste birre, ma credo di aver beccato molto bene scegliendo una Oude Kriek del birrificio Oud Berseel, che ha sede nella omonima cittadina Berseel alle porte di Bruxelles. Avevo sentito e letto molto a riguardo di questo birrificio tra gli ultimi avamposti della tradizione acida locale, anche recentemente sull'ultimo numero di Fermentobirra Magazine in un articolo nostalgico ad opera di Kuaska.
La schiuma è rosa ed evanescente, il dolciastro iniziale delle ciliegie griotte dura anche abbastanza a lungo supportato da una frizzantezza a livelli da spumante. L'acido si avverte verso la seconda parte della bevuta ed il corpo appare abbastanza carico. Assolutamente niente male, comincio a nutrire qualche speranza verso questi stili.
Locale assolutamente stravagante, con casse di Westvleteren attaccate a testa in giù sul soffitto, marionette ed addobbi storici dappertutto.



Non abbiamo mangiato chissà cosa al Poechenellerkelder, così come sarà nella maggior parte delle brasserie, e così decidiamo di rimediare al pranzo saltato con una bella cena con cucina belga a base di birra al Restobieres.
Lo spunto è la segnalazione su un articolo di Movimentobirra di non molti mesi fa.
Luogo a 15 minuti a piedi dal centro, per cui vicinissimo. Ci fiondiamo abbastanza presto e troviamo subito un tavolo per noi. Riconosco il proprietario, è lui, e siede all'ingresso con una birra in mano. Entriamo.
Il menù è molto ricco e ghiotto: dall'insalata ai piatti di carne c'è sempre un tocco birroso tra gli ingredienti.
Per quanto riguarda le birre, notiamo una suddivisione che troveremo in ogni locale.
Sono classificate per colore, cioè blonde, ambrèe, brune e poi due categorie "extra" come fermentation spontanée e trappiste. Quindi pochi riferimenti agli stili, se non sporadicamente all'interno di queste categorie. Gioco forza, nelle blonde spesso vanno a finire le tripel, dai 9°10° alc. rispetto ai 4°-5° che mi aspettavo per una blonde, appunto. Lo imparo proprio al Restobieres, e ne farò tesoro nei giorni a venire.

Prendo prima una Dulle Teve di De Dolle, che trovo molto buona e con naso e gusto che ricordano succulente pesche sciroppate, con un fondo molto dolce e l'etilico ben in evidenza.
Faccio un confronto immediato con una seconda tripel, la Adelardus Tripel di Kerkom (9%alc. rispetto ai 10%alc. della Dulle Teve) che trovo un po' più secca della precedente e più tendente a frutta a polpa gialla non meglio identificata. Una schiuma poco persistente, però, ne rovina le caratteristiche nel corso della bevuta, che di certo non può essere veloce dato il tenore alcolico alquanto elevato.
Da segnalare sicuramente i piatti: patè di carne bagnato in Rochefort 8, insalatina con formaggio di abbazia e vinagrette alla Orval, salsiccia cotta con Hommelbier, carbonnade alla gueze di Girardin, mousse al cioccolato alla stout Hercule di Ellezeloise, waffle con ciliegie alla kriek di Lindemans.
In definitiva questo Restobieres ci è sembrato tanto gettonato con moltissima affluenza, ma merita questo successo.

Alla fine della prima mezza giornata a Bruxelles penso a questi due posti e a come siano molto presenti tre tipologie soprattutto: le birre di De La Senne, le acide, le birra d'abbazia e trappiste. Qui si gioca la maggior parte delle scelte nella maggior parte dei casi, salvo eccezioni comunque frequenti.

Il giorno dopo è ancora Bruxelles.
Ma ne parlo in un secondo post, rischio di essere prolisso. :-)

Cheers!

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