In missione per MoBI e per piacere: Lecce Pub Crawl

Il mio desiderio di gitarella per la Lecce birraria nasce da lontano. La fama di qualche locale sviluppatasi in questi ultimi anni faceva spingere, almeno col pensiero, a percorrere la mitica "Route 16" (alias S.S. 16) scendendo il tacco dello stivale e giungere in quel confettino di città.
L'aver mancato l'incursione programmata con i soci di Luppulia lo scorso marzo per motivi di lavoro mi ha stimolato ulteriormente a colmare questo gap.
C'era anche un progetto che mi vede coinvolto da completare, la Guida MoBI "in fieri "sui locali italiani attenti alla birra artigianale, e come detto e approfondito, a Lecce c'è un brulicare da tenere senz'altro sott'occhio.
E allora, in compagnia del fido Michele, nel mio unico giorno di riposo dedicato a tutte le cose da fare raccolte sotto la voce "altro" (spesso occupato ed invaso dalle cose da fare sotto il nome "bere" che occupano già un altro giorno libero), si parte nel mezzo del pomeriggio per arrivare ad un orario imbattibile nel capoluogo salentino.
Inizialmente sfuma la prima visita in programma, quella al birrificio B94 appena fuori Lecce, di cui comunque ho modo di parlare col birraio Raffaele Longo e della sua taproom o angolo di degustazione presente.
Mi lascio qualcosa per la prossima visita, non è un problema.
Un certo anticipo sulla tabella di marcia, quindi, ci permette di fare ancora con più calma.

L'itinerario deciso per questa Lecce pub crawl era questo qui:
con questi locali da visitare
D / Birsciòp - via del mare, 1 (angolo via Zanardelli)
C / Orient Express - via Palmieri, 31
F / Black Betty - viale dell'Università, 63
E / Prophet - via Maggiulli, 4

Percheggio facile e gratuito in alcune traverse molto vicine all'illuminata ed imponente Porta Rudiae e mappa in mano.
Ok, da dove cominciamo? Non sapendo con certezza degli orari di apertura del Birsciòp, è più sensato cominciare da lì.
E allora qualche passo per tagliare il centro storico e prendere qualche riferimento per poi raggiungere via del mare.
Birsciòp è un beer shop con mescita a 3 vie, in quella serata c'erano Augustiner Pils e Reale Extra di Birra del Borgo mentre la terza era ferma.
Il locale è diviso in due, dalla parte opposta all'angolo birre c'è un angolo vini chiamato Vinsciòp, ma questo non ci riguarda.
Sugli scaffali grande ordine e bei nomi: si va dal Belgio più profondo con De Dochter van de Korenaar, Dupont, La Binchoise fino a Birra del Borgo, Baladin, Maltovivo e alle pugliesi Birranova, B94, Gruit.
Anche bei nomi come Samuel Adams e Meantime.
Locale un po' strettino, con qualche tavolo ed un bancone a ridosso degli stessi, ma clima molto molto informale.
Prendiamo prima di tutto la Noblesse del su citato De Dochter van de Korenaar. Blonde leggera e delicata, ci stupisce per il naso apparentemente lievitoso ma che svela note fruttate di pesca. In bocca concede un amaro leggerissimo e delicato ma sempre più incalzante andando avanti. Però assolutamente elegante, vivace il giusto e soprattutto rinfrescante.
Per continuare restiamo sullo stesso birrificio passando alla Belle Fleure, che dovrebbe essere una belgian ipa. Piccola nota di demerito sul servizio: la birra ci viene servita molto male, da un'altezza di mezzo metro dal bicchiere sbattendo a più non posso il deposito di lievito tant'è che una bottiglia da 33cl non è riuscita ad entrare in 2 mezze pinte tanta era la schiuma che si è formata. A quel punto il ragazzo dietro al bancone ha fortunatamente mollato la presa e dopo aver fatto svanire una comunque pannosa e compatta schiuma abbiamo avvertito zero gas come era ovvio aspettarsi. Completando da soli il servizio, le cose sono cambiate.
Ottimi gli aromi agrumati ed esotici, non eccessivi, mentre in bocca un lieve gusto luppolato arrotonda il maltato croccante e mielato. Anche questa una bella birra senza dubbio.

Lasciamo questa prima tappa tra un'osservazione e l'altra e decidiamo la seconda fermate, che sarà l'Orient Express. Locale quasi nel cuore del centro storico, dove un bancone con 5 vie ci aspetta e ci accoglie con il suo giovane publican.
Alle spine vediamo bei nomi: Birranova Negramara Extra, Foglie D'erba Joyce, Extraomnes Zest, Schneider Weisse e Wieninger a completare. Si può decisamente ragionare!!!
Il frigo è anch'esso molto assortito, con prodotti italiani e non tra i più diversi, anche mai visti o bevuti.
Ed è su quelli che ci buttiamo. Ma prima cominciamo con la Joyce alla spina. Una blanche sui generis non tanto per il gusto ma per l'olfatto. Non ci sono e non si avvertono le classiche spezie utilizzate per lo stile come coriandolo e buccia d'arancia, per cui si notano solo le fragranze limonate del frumento. In bocca si conferma tale, ma dalla sua dimostra di avere una facilità di beva incredibile ed un potere rinfrescante altissimo. Se non fosse per le spezie mancanti sarebbe ottima, ma come birra slegata dallo stile è sicuramente degna di nota.
Tra le bottiglie peschiamo una Bender Ale, birra brassata da Brewfist per il pub bolognese Harvest.
Inizialmente non leggiamo lo stile in etichetta eccetto un distratto "wheat" e la mente va alle blanche con una luppolatura forte. Con lo scorrere dei sorsi mi accorgo che l'unica definizione che potrebbe calzarle è di American Wheat/Wheat Ale, stile americano di cui ho solo letto e mai assaggiato. Ed in effetti leggendo in etichetta...ho fatto centro! Sono soddisfazioni, dai!
Il luppolo al naso è appagante e si concilia con le note del frumento anche se più sottotono, mentre in bocca il gusto è quello di un pompelmo spremuto ed amaricato. Bella sensazione davvero, capisco il senso di questo stile con le alte temperature di primavera ed estate. Una bella scoperta davvero.
Come si fa poi a resistere alla tentazione di calarsi nei panni dei beer hunter? Adocchiamo una birra del Birrificio Pontino, ed anche se è una IPA la prendiamo. Col senno di poi non ne valeva così tanto la pena per questa Olim Palus IPA, una delle versioni più sovrabbondanti delle IPA all'italiana caramellata e color mogano. Riflessioni libere che lasciamo scorrere così senza crocifiggere troppo, e che a posteriori trovano consensi. Andava provata comunque...
Tornando a fare due chiacchiere con Davide, ci parla del locale che ha preso in mano negli ultimi 3 anni dopo essere stato sulle spalle del papà per più di 20. Uno dei primi 4 pub leccesi, tra i primi a far arrivare Chimay ed altre belghe in fusto. Per quegli anni e per Lecce non era così scontata come scommessa.
Buona la sua preparazione sul mondo craft e sulla realtà dei consumi e delle abitudini dei leccesi. Potremo sentire parlare ancora di più di loro negli anni, credo. Realtà nascente, metà indipendente metà no, nel senso che l'impianto non è di proprietà ma tramite accordi con il distributore si concede molte libertà.
E' una strada che in molto stanno prendendo ormai, una via di mezzo tra l'indipendenza pura e l'adattamento ai rapporti commerciali avviati da tempo. In questo periodo di crisi ed incertezza, è un compromesso dei più sensati.



Salutiamo l'Orient Express, così fresco ma allo stesso tempo vissuto, per portarci in direzione del Black Betty. Siamo in zona prettamente universitaria, ed un po' si vede. Il locale è spazioso, con luci basse ed un bel bancone. Purtroppo le vie sono ben 10 ma nessuna destinata a birre artigianali, solo metà sono attive con birre commerciali. Peccato, anche per l'impianto carino con fusti posti su un soppalco sopra al bancone con un notevole vantaggio per lo spazio al bancone nonchè per l'anidride carbonica probabilmente meno presente e meno fastidiosa. Una sorta di "caduta assistita".
Il frigo ha circa 50 nomi, quasi tutti dal Belgio, commerciale ma non solo (De Ranke, Dupont ecc) mentre di italiane c'è solo Ducato e Birra del Borgo. Parliamo con Enrico che dietro al bancone ci racconta della difficoltà di vendere artigianale, di qui la riduzione dei nomi in carta negli ultimi tempi.
Becchiamo dal frigo una Luna Rossa del Birrificio del Ducato, unica vera chicca da assaggiare.
La mazzata è forte per questa birra a metà tra una kriek (da cui prende la macerazione di marasche e amarena) ed una red flemish ale (a cui si ispira per il taglio acetico). Davvero spigolosa, un acetico prepotente e preponderante su tutto. Il legno si avverte solo leggermente con un contorno vanigliato leggero.
Avevamo un parere decisamente più importante su questa birra, quindi berla è stato anche un esercizio per confrontarsi, ed in effetti ci allineamo perfettamente a quell'analisi di Stefano Ricci. Aggiungo che la birra costa praticamente 40 €/litro...parecchio davvero. Dividerla in due è il minimo, andava provata comunque, nessun rimpianto.

Come ultima tappa della nostra pub crawl ci siamo tenuti il Prophet, sicuri di trovare un publican disponibile a soffermarsi con noi sull'amato bancone.
Arriviamo in 15 minuti dal centro storico, alla faccia dei passanti che interrogati su dove fosse ci rispondono "nooo...ma a piedi non ci arrivate", manco fosse Santiago de Compostela.
Il Prophet ha un aspetto molto vissuto, legno consumato come piace a me.
Ci accomodiamo per una pizza e rifiatare dopo tutto il pellegrinaggio, e Simone ci serve subito una Caterpillar di Brewfist+Beer Here. Gran bella birra, col tocco di segale a rendere più rustico il naso e più sgrassante la bevuta, allontanando gli spettri di luppolature eccessive.
Spostandoci alle spine si parla della scena leccese, così in movimento e spronata da Simone stesso, apripista tra i colleghi ma anche riferimento per distributori e birrai, come lo stesso Raffaele Longo che con lui ha brassato giù 3 creature: Alice in Hopland divenuta poi Warning Hop e le più recenti Topless e No Borders (ottima quest'ultima soprattutto, a mio parere, una american brown ale con un tocco nocciolato e poco tostato, aiutato da intensi fruttati nel gusto ed una schiuma bianca poderosa).
Approfittiamo delle spine della serata come la Jaipur di Thornbridge che si conferma con ciò che dimostra in bottiglia, una IPA gentile e ben fatta.
Ultima mezza pinta della serata è la Green Petrol di Brewfist. Da notare sicuramente la pulizia e l'attenuazione della birra, per nulla dolce e quindi senza contrasti stonati con i toni resinosi e pinosi dei luppoli. Per questo risulta molto beverina, nei limiti di quanto beverina è una Black IPA per i miei gusti.
Il Prophet è uno di quei posti dove la musica è giusta e permette di goderne e di parlare senza urlare.
La lavagna campeggia alle spalle delle spine, sempre funzionale ed aggiornata al momento del cambio fusti.
La bellezza di un posto si costruisce negli anni e con il sudore, con con le birre più piacevoli piuttosto che piacione, non c'è nulla da fare, e dal Prophet questo traspare. Simone è entusiasta della sua creatura, come un "Manuele Colonna del Salento" si sente la sua mano ed il suo peso su quello che Lecce sta mostrando birrariamente parlando.

Sicuramente è la città che meglio si esprime in Puglia per quantità e qualità rapportata alla grandezza del centro, ma anche in maniera assoluta rispetto ad una città come Bari, per esempio, che non sta ancora decollando dal punto di vista dell'offerta birraria e dei punti di riferimento a livello di passione, qualità e servizio.
Penso di aver dimostrato ed illustrato come sia possibile e divertente fare una vera pub crawl per Lecce, così piccola e percorribile a piedi senza problemi. Il tempo di raggiungere un altro pub e svanisce l'effetto della birra precedente, senza dover prendere auto o altri mezzi, ed in una città tutt'altro che fumosa e fredda.
Credo la cosa si possa anche sfruttare e promuovere, se fossi a Lecce ci farei un pensierino sul serio...

Spero di tornare presto a Lecce e di vedere, perchè no, qualche ulteriore cambiamento in meglio.
Non mi stupirei!

Cheers!

Commenti

  1. Magnifica esperienza, subito cominciata nel migliore dei modi con la sublime visione della facciata della Basilica di Santa Croce parzialmente illuminata dalla tenue luce del sole che volgeva al tramonto.
    Poi abbiamo continuato bevendo ottime birre e ammirando i bellissimi scorci del centro storico.
    E ovviamente mi ha fatto piacere varcare per la prima volta la soglia del mitico Prophet e conoscere il bravo e simpatico Simone, col quale si potrebbe stare delle ore a parlare di birra.
    L'unico rammarico che si ha, dopo aver respirato l'atmosfera di un locale del genere, è quello di non poterne diventare, a causa della distanza, un cliente abituale...

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