Nincasi, punto fermo tra tradizioni e novità: A-ku e Belgoo

Essere lì da solo, un po' lontano da altri luoghi nevralgici del bere e del dire a proposito di birra, ne fa una colonia della passione birraria del vecchio mondo, del piacere della scoperta, della fiducia nei confronti del publican.
Leo ed il suo Nincasi a Cisternino (BR) sono sempre un po' al buio, in incognito, al di fuori del grande giro nazionale o regionale.
Croce e delizia di un luogo sempre fedele a se' stesso ed al proprio bagaglio culturale prettamente belga.

Impressionante risulta anche un semplice raffronto tra le sue conoscenze birrarie e la preparazione di chi a volte si improvvisa dietro ad un bancone senza averne diritto, licenze a parte.

Leo trasmette la sua passione in tutto, dalle chiacchiere con il luccichio negli occhi quando parla di progetti futuri alla praticità dei discorsi a proposito di materie prime, mode birrarie, ultimo grido da questa o quell'altra parte del mondo.

Ogni incursione al Nincasi non è mai scontata. Potresti trovare qualcosa di interessante nell'angolino del frigo così come potresti scoprire qualcosa in più su birre conosciute ma snobbate.
Leo ha canali tutti suoi per reperire birre, in barba agli accordi con i grandi o alle novità più blasonate che le primedonne fanno a gara per avere per prima.

Leo ci ha parlato della sua birra, pur non avendo potuto spillarcela perchè già terminata.
La birra si chiama A-ku ed è un nome ispirato alle bevande dei Sumeri, popolo e lingua da cui deriva il nome Nincasi stesso. Si tratterebbe di una real ale (rifermentata in fusto, non in cask...poco male) nello stile strong ale, caratterizzata dall'uso di luppoli tedeschi e cechi e da bacche di ginepro.
Non si tratterebbe della solita moda italica dell'ingrediente strano, ma della realizzazione di ricette che Leo ha realizzato da homebrewer e su cui è convinto di aver trovato la sua espressione da domozimurgo.
La birra è stata brassata presso B94, ma la supervisione è la sua. Non si tratta di una beer firm delle tante, dunque, ma di un'idea trasferita dalla testa ai fermentatori per mezzo delle sue stesse braccia.
Ho assaggiato troppo poco per parlarne, sarà la prossima l'occasione buona, me lo sento.

Intanto due delle birre più sorprendenti della serata arrivano dal Belgio, ed il nome non lascia equivoci.
Il birrificio è Belgoo, uno degli ormai tanti attori del nuovo corso dei birrifici belgi.



La prima birra che ho assaggiato è quella che mi ha sorpreso di più. E' la Luppo, blond di 6,5%alc che subito mi colpisce. Al naso, dove affondando le narici scorgo odori piuttosto rustici, fiori di campo ed una certa dolcezza. La luppolatura a freddo ma soprattutto l'uso di avena al posto del più classico frumento emergono invitanti, anche in bocca dove la rotondità rustica e la fragranza da uve bianche richiamano magnificamente la parte maltata, terminando leggermente ripulente con una amaro piuttosto accennato e con una carbonazione da manuale. La trovata dell'avena è quella che più mi lascia soddisfatto, toccando punte di beverinità molto alte senza eccedere con la vena acidula. Davvero un ottimo inizio.

Di questo birrificio rimando affascinato e mi butto sulla Arbo, amber ale dal carattere pronunciato e 8,1%alc.
Qui decisamente gli schemi saltano, l'attacco è anche qui dolciastro quasi nocciolato e caramelloso. Mentre in bocca si rivela sì maltata ma scarica di corpo. La bassa opalescenza gioca anche a suo sfavore facendomi avvertire questo corpo ancor meno presente. La stranezza che poco ho apprezzato è un insolito ritorno dolce del finale, nonostante si accenni in etichetta ad un carattere luppolato (ma si sa...i belgi sul luppolo lesinano). Davvero bizzarro come esperimento, e scopro che anche qui è stato inserito un altro cereale, la spelta o più comunemente detto farro grande o farro spelta. Stavolta questo ingresso nuovo non mi ha convinto.

Tuttavia è interessante notare come la nuova leva belga voglia davvero innovare restando nei confini nazionali, senza fare americanate eccessive che probabilmente poco si adatterebbero allo stesso consumo interno.
Qualcosa in più sul birrificio e su una sua saison è a questo link, con Google Translate qualcosa la si capisce anche.

Visitare Leo ha sempre senso: se ci sono ottime birre, va bene. Se non ci sono grandi nomi, si va a pescare altro e spesso si rimane sorpresi imparando qualcosa in più.

Ora che il locale si è sdoppiato, per la seconda estate consecutiva, con una sede anche nel centro storico di Cisternino con ulteriori 150 etichette, non ci sono scuse per non concedersi questa esperienza.
Staccarsi dall'omologata offerta birraria non può che fare bene, soprattutto per chi si professa appassionato, beer hunter o presunto tale.

Cheers!

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