Conoscere uno stile: norvegian vossaøl

I racconti di Lars Garshol sul suo Larsblog mi hanno appassionato dagli inizi, da quando un paio di anni fa irruppe nel mondo birrario la possibilità che anche alcune arcaiche birre del nord Europa potessero rientrare sotto il cappello delle farmhouse ale.
Si è scoperto che i lieviti utilizzati nelle produzioni birrarie di queste fattorie scandinave, perdute nel tempo e sconosciute ai più, oltre che riutilizzati da una cotta all'altra, sono colture di più ceppi di Saccaromyces ed in alcuni casi anche di batteri. Alcuni di essi sono maledettamente simili ai lieviti utilizzati per la panificazione e conferiscono particolari note acidule alle birre.
Altra nota caratteristica è la temperatura di fermentazione, per alcuni di essi ottimale intorno ai 30°C.
Ci si perde scoprendo le varie caratteristiche delle differenti birre con lieviti "kveik". La parola indica il lievito invece che la birra, anche se sta diventando usuale identificare con la parola quasi uno stile (discorso simile alle saison belghe).


Da non dimenticare l'uso che in queste birre si fa anche del ginepro, ingrediente molto frequente in queste produzioni e diffuso nell'area in questione.
Mentre tutta questa curiosità cresceva, cominciava ad affacciarsi tra i rivenditori stranieri la possibilità di acquistare uno di questi lieviti, in particolare il Sigmund's Voss, portato alla luce proprio da Lars Garshol e prodotto dagli americani di The Yeast Bay.
Appena si è presentata l'occasione di acquistarlo sul rivenditore italiano Birramia, non me la sono fatta scappare.
Ed ecco che ho provato a produrre una Vossaøl, norvegian farmhouse con questo lievito "kveik".
Si tratta di uno dei vari stili, che se parliamo strettamente di Scandinavia sarebbero tre, ovvero Vossaøl, Kornøl e Størdalsøl.


MALTI
La ricetta che riporta Lars dopo aver assistito alla cotta del Voss di Sigmund sembra assurda per i nostri metodi "craft" moderni.
Per quanto riguarda l'ammostamento, si parla addirittura di 3-6 ore di mashing con temperatura che gradualmente sale tra 50°C e 69°C, con successiva bollitura di ben 4 ore.
A tutto c'è un limite in questa trasposizione nell'homebrewing attuale, perciò non ho potuto nè voluto seguire questo canovaccio.
La composizione del grist prevede solo malto pils autoprodotto, ed anche qua c'è poco da fare.
Ho optato per un 66% di Pils ed un restante 34% di Monaco, cercando così di compensare con un gusto maltato più carico quei lunghi tempi di produzione che non avevo modo di riproporre.
Per gli step, dopo un protein rest di 10 minuti a 52°C, ho optato per 60 minuti a 65°C e 20 minuti a 72°C, per poi tirare dritto per il mash out.
Nulla di speciale, dunque, con una buona dose di fermentabili ma senza rinunciare ad una certa sostanza maltata. Sono partito, dunque, da una OG 1056.


LUPPOLI
I consigli per i luppoli suggeriscono Saaz ed altri nobili, ed ho usato proprio questo.
Ho badato quasi solamente all'amaricatura, conferendo 21 IBU (Rager) e circa 1 IBU (Rager) con luppolatura negli ultimi minuti di bollitura.

ACQUA
L'impatto che volevo dare era di una birra maltata, ed ho quindi scelto un rapporto solfati/cloruri cloruri/solfati a favore dei primi, fissandolo sul valore di 1,4.
Ma non ho solo fatto aggiunte di sali: ho anche aggiunto ginepro ad ogni fase!


SPEZIE
Il ginepro che si impiega in queste birre non è quello che possiamo pensare, ovvero l'aggiunta di bacche di ginepro.
Si aggiunge, invece, il rametto fresco di ginepro, che a differenza della bacca ha un aroma e sapore molto meno speziato e più pinoso e resinoso.
Ci ho pensato molto ed ho provato a reperirne in giro, facendo qualche raffronto fotografico con alberi intravisti nelle campagne o nei giardini in questi mesi (sembra buffo...ma ero davvero intenzionato).
Quando poi ho scoperto un albero che poteva essere ginepro, ho avuto qualche dubbio, avendo trovato qualche fonte dubbia che riferisce dell'esistenza di una varietà di ginepro, il ginepro sabino i cui infusi possono essere tossici per l'uomo.


Sono andato in un negozio specializzato in bacche, allora, e ne ho comprato un po'. Con mia sorpresa, questa varietà era particolarmente buona, con aromi pinosi, di legno e sandalo, tutt'altro che invadenti o speziati. Ho preferito questa opzione, decisamente più sicura.
Come suggerito da Garshol, va usata un'infusione di ginepro per qualsiasi fase, al posto di semplice acqua. Ne ho aggiunto 0,3 g/l durante il mashing, 0,3 g/l nell'acqua di sparging e circa 0,5 g/l estratti in infuso per 10 minuti ed aggiunti negli ultimi 5 minuti di bollitura. Una dose credo abbastanza contenuta e parca.
La paura era l'estrazione di proteine eccessive ed una successiva torbidità da chill haze difficilmente eliminabile. In effetti ci è voluto molto per abbattere quel velo denso, ma tutto sommato non ho ritrovato quel problema di qualche anno fa, quando utilizzai quasi allo stesso modo del pepe rosa.

LIEVITO
Ho quindi utilizzato il lievito Sigmund's Voss Kveik di The Yeast Bay.
Si tratta di una coltura con tre diversi ceppi di lievito e senza batteri lattici, una unicità nel panorama dei kveik. Ho scelto questo sia perchè era praticamente l'unico in commercio, sia per non andarmi ad impelagare con i batteri e compromettere l'attrezzatura che utilizzo di solito.
Ne ho usata una sola dose, senza starter per non voler sbilanciare la proporzione dei lieviti, essendocene tre diversi in questa coltura.


FERMENTAZIONE
È consigliato per una fermentazione intorno ai 30-35°C, valore elevatissimo che non mi sono sentito di raggiungere. Mi sono fermato in un range tra 28-30°C, fiducioso potesse bastare.
Gli aromi che ne sono venuti fuori hanno molto in comune con quel carattere aranciato di cui si parla, anche se non emergono in maniera netta.


La fermentazione mi si è fermata, però, intorno al 55% senza che ci fosse alcun motivo reale.
Temperatura alta e mash destrinico forse non avranno retto molto l'underpitching.
Fatto sta che, lasciando salire con calma l'attenuazione, attendendo un paio di settimane ancora, è arrivata ad un tutto sommato discreto 73%, portandomi la densità a FG 1015.

TEMPI
Il tempo della fermentazione è stato lungo è straziante. Parliamo di circa 60 giorni.
Non mi aspettavo questa lentezza, e non credo sia stata semplicemente una questione di leggero underpitching. Si parla di una fermentazione velocissima per questi lieviti, ma io purtroppo mi sono trovato nella situazione opposta.


IMBOTTIGLIAMENTO
Nonostante la densità risulti ferma, non mi sono voluto fidare molto.
Per quanto riguarda il priming, quindi, mi sono tenuto basso, con appena 2,0 g/l, nell'eventualità che si potesse risvegliare il lievito mangiando ancora qualche zucchero.

CONCLUSIONI
L'aroma è difficile davvero da descrivere. Mi ritrovo ora con le parole di Garshol che si riferisce alle difficoltà dei bevitori moderni di avvicinarsi a queste birre perchè sanno poco di "craft beer".
Principalmente sembra esserci un sentore sia vinoso (vino bianco da tavola) che sidroso (fruttato da pera e mela). Caratterizzante anche lo stesso ginepro, con aromi in parte legnosi e di erbe aromatiche.
Uno spunto di pasta madre già si avverte al naso, ma sarà più presente in bocca, con qualche punta di acidulo imprevisto.
Nonostante il residuo zuccherino elevato, la percezione non è affatto quella di pesantezza e di corpo spesso, complice anche la media carbonazione.
Di positivo c'è quel carattere agrumato di arancia, abbastanza evidente.


Non so se ho semplicemente steccato qualcosa (mi è difficile davvero capire se e cosa) o se il lievito stesso è tale da darmi queste percezioni spiazzanti in quanto nuovo e sconosciuto per me.
Ne ho tenuto da parte una porzione di slurry perchè se mi dovesse tornare in mente di rifarla, ne avrei subito l'opportunità.
Forse mi ero oltremodo immaginato qualcosa di stupefacente da questa esperienza, che è stata sicuramente positiva ma non come mi aspettavo.
Lascerò maturare ulteriormente questa birra perchè magari può succedere qualcos'altro.
Certo è che sarebbe un mondo da approfondire ancora, magari con assaggi in loco, come quelli che si possono fare al pare splendido Norsk Kornølfestival Tradisjon di Hornidal.
Per chi fosse interessato ulteriormente a capire qualche aspetto in più di questo mondo misterioso, è in arrivo la mia intervista a Lars Garshol sul numero di maggio-giugno della rivista Fermentobirra Magazine.

Cheers!

Commenti

  1. Ciao, bell'articolo, ti leggo sempre volentieri quando scrivi.
    C'è un passo che non mi torna pero.. quando parli "L'impatto che volevo dare era di una birra maltata, ed ho quindi scelto un rapporto solfati/cloruri a favore dei primi, fissandolo sul valore di 1,4.". Se avessi voluto una birra maltata avresti dovuto preferire i cloruri non i solfati. Tommaso

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    1. Ciao Tommaso.
      Bello scoprire che c'è sempre qualche lettore attento, per me è molto stimolante.
      Ho scritto male il rapporto, intendevo cloruri/solfati = 1,4. E chiaramente la tua osservazione è giustissima!
      Ti ringrazio.

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